martedì 30 agosto 2011

Christiania: accordo trovato tra la famosa comunità hippie ed il governo danese

Christiania, la comunità alternativa più famosa del mondo, da pochi mesi, dopo anni di scontri e di lotte, ha finalmente un futuro assicurato. Fondata nel 1971, in piena fase di scioperi e di proteste studentesche, da una comunità hippie che occupò una base navale dismessa alle porte della capitale danese, Christiania non ha avuto vita facile fin dalle sue origini. Inizialmente nell’area occupata non vi era altro se non edifici abbandonati, ruderi e immondizia; oggi, tramite l’impegno dei suoi nuovi abitanti, il cui numero si aggira intorno a 700, la zona è stata riqualificata e dove prima non c’era nulla, oggi si trovano piccoli negozi, scuole, centri sociali, mercatini. Qui la violenza è abolita, e con essa sono proibite anche le armi e le droghe pesanti; qui si gira solo in bicicletta, le automobili sono bandite, la proprietà è sempre collettiva e le decisioni politiche sono prese in modo assolutamente democratico in sessioni plenarie o in incontri di zona. Dunque la domanda è: quale potrebbe essere il problema, il grave danno, che questa comunità così innocua provoca ai vari governi danesi che fin dagli anni ’70 tentano di distruggerla? Ebbene, non è tutto rose e fiori. L’idillio di questa repubblica hippie, dove la libertà è la parola d’ordine e dove questo termine non significa affatto violazione del rispetto per gli altri o ‘nessuna regola’, viene a scontrarsi sotto alcuni aspetti con la legislazione del paese in cui la comunità è collocata: tanto per cominciare, gli abitanti di Christiania non pagano le tasse, e questo provoca un generale sentimento di insofferenza nei loro confronti; in secondo luogo, la famosa Pusher street in cui viene regolarmente venduto hashish a cittadini e turisti non costituisce certamente uno dei motivi di vanto della città di Copenaghen (almeno per quanto riguarda una buona parte della popolazione). I tentativi operati dai governi danesi di rimuovere gli occupanti si sono rivelati sempre fallimentari e sono spesso sfociati in episodi di grande violenza, come è accaduto per esempio nel maggio 2007, quando la polizia ha distrutto uno degli edifici più antichi della città libera di Christiania scatenando così violenti conflitti con i cittadini locali. Solo nel giugno di quest’anno, precisamente nel giorno 22, si è finalmente raggiunto un accordo tra gli abitanti di Christiania ed il ministero della difesa danese: i primi hanno acconsentito all’acquisto dell’area in cui la comunità vive da più di 40 anni per 76,2 milioni di corone danesi, cifra pari a circa 10 miliardi di euro. Nasce così formalmente e senza più possibilità esterne di intervento distruttivo la Repubblica libera di Christiana, che oltre a possedere una propria valuta, propri costumi e proprie regole, possiede oggi anche, in modo ufficiale e riconosciuto, una propria bandiera. “Con l’accordo – ha detto il portavoce della città, Thomas Ertmann – possiamo continuare a essere una società alternativa e Christiania stessa si può rinnovare e sviluppare come un libero stato”.
immagini: 1) una casa agli ingressi di Christiania con graffito, 2) la bandiera della comunità, 3) biciclette, unico mezzo di trasporto utilizzato dalla comunità.




domenica 28 agosto 2011

Travellers: un cammino ai margini

Viaggio lento e costante, storie fantastiche ai limiti del reale, musica delle origini, fascino; ma anche povertà, indigenza, esclusione. Sono queste le coordinate essenziali che delineano nei suoi aspetti la vita condotta dai Travellers irlandesi, minoranza etnica a cui poco ci si interessa se non a livello locale e che continua, indisturbata dal progresso e dallo scorrere dei secoli, il suo pellegrinaggio verso l’espiazione. L’espiazione, sì. Perché la leggenda, naturalmente tramandata oralmente da padre in figlio, di generazione in generazione, vuole che questo gruppo autoctono affondi le radici della sua storia in tempi antichissimi, quando, in seguito alla morte di Cristo, i suoi assassini chiesero ad una piccola comunità di lavoratori di metallo di fondere i chiodi della croce per creare un ciondolo; dato che questi accettarono, commettendo così un atto di offesa nei confronti di Dio, Lui li punì per sempre, condannandoli a non trovare mai una terra in cui insediarsi stabilmente e a vagare, di luogo in luogo, nella povertà e nell’indigenza. Dunque, da duemila anni continua il viaggio di questo popolo. Un viaggio parallelo alla storia dell’Irlanda e d’Europa, che si intreccia con essa mantenendo però sempre viva la sua particolarità; un viaggio che, inevitabilmente porta questo microcosmo raccolto e isolato faccia a faccia con l’avanzare del mondo moderno prima e postmoderno ora, ma che è sempre riuscito a proteggere quanto di prezioso vi è nella straordinaria cultura di questo gruppo. 
La profondità e la ricchezza del sapere di questi viaggiatori, totalmente analfabeti e, almeno in apparenza, assolutamente distaccati dalla società del loro paese d’origine, sta nelle leggende – di recente raccolte e scritte ai fini della conservazione da docenti dell’Università di Dublino -  che si tramandano ormai dalla notte dei tempi e che vedono lupi, fate, streghe animarsi e portarsi come esempi per la vita dell’uomo e nella musica tradizionale che ha portato, in vari casi, alcuni di questi viaggiatori al successo, come è accaduto per esempio a Pecker Dunne, musicista nato in una famiglia travellers nel 1933 che è divenuto celebre in Irlanda suonando e cantando le melodie della sua infanzia nei pub di Dublino.
Diversità nello stile di vita rispetto al resto della società, nomadismo e cultura parallela a quella che si potrebbe definire ‘ufficiale’ significa però, oggi più che in passato, esclusione e razzismo. Recenti studi hanno dimostrato che un alto livello di pregiudizi e di discriminazione nei confronti dei Travellers esiste in Irlanda; se ci si basa su statistiche risalenti al 2007 si scopre che più del 60% della popolazione irlandese non vorrebbe un traveller come membro della famiglia e che quasi il 20% desidererebbe negare ai travellers la cittadinanza irlandese, specialmente a causa del loro stile di vita. Frequenti sono gli scontri tra  gli irlandesi “comuni” ed i travellers, specialmente in questi anni in cui la forte crisi economica, abbattutasi in modo particolarmente violento su questo paese, ha reso ancor più evidenti le differenze tra i diversi strati sociali. La popolazione irlandese non vede di buon occhio queste persone che, essenzialmente, non hanno delle professioni stabili ma che vivono dei sussidi statali e che spesso si rendono protagoniste di furti o piccoli crimini; ma se, certamente, da parte dei travellers vi è un comportamento non sempre corretto nei confronti degli altri cittadini irlandesi, è altrettanto vero che il razzismo e la diffidenza nei loro riguardi sono i principali ostacoli alla loro reintegrazione nella società.  Che la cultura possa essere, questa volta, veicolo di unione? Che il sapere, nelle sue diverse sfaccettature, possa condurre ad una riconciliazione tra le due diverse parti della popolazione? Nell’attesa, la diffusione di questa cultura può essere il primo passo verso il cambiamento. 



Articolo pubblicato su La Provincia di Varese del 27 agosto 2011.