venerdì 4 novembre 2011

Martinitt e Stelline: un pezzo della storia di Milano diventa museo

Che cosa resta tra le pagine scure della nostra storia dei derelitti, degli abbandonati, degli orfani, delle persone sole, dei bambini poveri, insomma di chi, nel passato, ha avuto la casualità di nascere nella parte sbagliata del mondo? Che ne è di coloro di cui non resta alcuna traccia nei nostri manuali di storia? La loro esperienza di vita è andata davvero del tutto persa, sommersa dallo smog, dalle luci, dalle voci, dai tempi moderni? Ebbene, no. Dal 2009 le storie dei poveri di Milano, dei Martinitt, delle Stelline e dei famosi vecchioni del Pio Albergo Trivulzio sono raccontate al pubblico presso il Museo dei Martinitt allestito nella ex sede degli uffici amministrativi dei tre enti benefici – Martinitt, Stelline, Trivulzio – della Milano di due secoli fa.
Si tratta del primo museo completamente interattivo che viene proposto a Milano, di un’esposizione in cui il futuro, la tecnologia e l’innovazione abbracciano il passato della città esaltandolo e ponendolo in rilievo. L’uso di strumenti tecnologici, di schermi touch screen e di lavagne interattive permette di condensare in uno spazio relativamente piccolo una moltitudine di informazioni e di dati sulla storia degli orfani di Milano, sulla loro condizione di base, sul loro stile di vita all’interno degli istituti di ricovero cui il comune li destinava in un’epoca in cui la povertà era molto più diffusa rispetto ad oggi e dove la fame e l’indigenza bussavano insistentemente e disperatamente alle porte di conventi e chiese.
Descrivendo questa parte della storia di Milano, il museo celebra non solo la storia di questi bambini e ragazzi, ma anche e soprattutto la benevolenza di chi, nei secoli, non si è mostrato indifferente ai problemi e ai disagi dei gruppi sociali più deboli della società.
Così, con un semplice clic è possibile scoprire che i giovani orfani di Milano ricevevano una preparazione scolastica ma anche lavorativa, che per loro era pensato un progetto di integrazione nella società; con un tasto si aprono davanti ai nostri occhi le immagini di camerate, di aule scolastiche (una, per altro, riprodotta in dimensioni naturali, con tanto di insegnante interattivo che simula una lezione), di aree di ricreazione, ma soprattutto tornano alla luce i volti in bianco e in nero di chi quella realtà che noi oggi guardiamo con aria stupita e curiosa l’ha vissuta in prima persona; con un tocco di dita su uno schermo è possibile sfogliare virtualmente i testi, le letture che venivano proposte ai giovani internati e scoprire che per le ragazze era predisposto un piano educativo volto a far di loro delle brave cittadine, mogli, madri.
Un piccolo ma prezioso scrigno dei segreti insomma, verso il quale si è introdotti e guidati dall’allegro rumore dei passi di bambino che, riprodotto e registrato, accompagna la proiezione di ombre grigie di giovani che, di fretta, sembrano scalare i gradini della loro breve ma non facile esistenza.
E aprendo questo scrigno si scopriranno tante curiosità sul passato della nostra Milano; forse si scoprirà che un grande editore – lascio volutamente in sospeso il suo nome – oggi di fama internazionale, ieri è stato proprio uno di quegli orfani; forse si scoprirà che molti Martinitt hanno contribuito attivamente al nostro Risorgimento. Forse, semplicemente, si osserverà con ammirazione o con spirito critico quanto è stato fatto e quanto invece si poteva fare in più per rendere più agevole e serena la vita dei più deboli di ieri. Sicuramente ci si porrà delle domande sul nostro presente.

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